GIOVANƏ E BENESSERE RELAZIONALE

Di ELISA BARBIERI


Lo scrivo senza mezze misure: sono profondamente innamorata dei e delle giovani. Sarà perché quando parlo con i miei figli spesso mi accorgo di avere qualcosa da imparare da loro: quello che per me è il frutto di una ricerca o di una lotta, in loro appare naturale. Parlo ad esempio della fiducia in sé stessi, nel gruppo, della capacità di comprendere le persone, di sdrammatizzare le situazioni. Non voglio parlare solo dei miei figli. Riscontro questi aspetti con stupore, un certo senso di gioia e consolazione, anche nel loro entourage amicale, sportivo e di studi. Vedo in quest^ giovani un desiderio di autenticità che nasce spontaneamente.

Per questo quando mi è capitato di trovarmi in situazioni in cui, magari in loro presenza, persone ‘grandi’ li e le hanno criticat^ aspramente, incolpandol^ di individualismo, deridendo i loro tentativi di dare forma a modi di vivere diversi,  sperimentali, come ad esempio il ritorno dei neolaureati alla vita agricola, mi sono sentita profondamente ferita.

Ieri ho partecipato al seminario “Giovani e benessere a Parma: dati, ascolto e politiche in movimento”, un momento di restituzione e approfondimento dedicato alla condizione giovanile nel territorio, a conclusione di una ricerca svolta dal 2002 al 2025 dall'Università di Parma su iniziativa del Comune di Parma, con il supporto della Fondazione Pizzarotti, per capire meglio benessere relazionale de^ giovani, prendendo come oggetto di studio le loro relazioni con la famiglia, con gli amici, con gli spazi della città.

Ho apprezzato la franchezza con cui il Sindaco in apertura ha parlato dell’importanza di ascoltare e dare voce a^ giovani, dare loro uno spazio all'interno della vita della comunità, evitando di paragonarli a un'immagine cristallizzata del tempo che fu. Ha parlato di Parma come una città governata da un pensiero adulto, troppo adulto e troppo poco permeabile alle istanze dei giovani, che sono istanze di apertura mentale, di internazionalità, di autenticità e di utopia (in senso di slancio verso una prosperità futura possibile).

Mi sono meravigliata nello scoprire che quello che avevo intuito dai dialoghi con i miei figli e con i miei studenti e le mie studentesse a Naba (provenienti in realtà da tutto il mondo) non è solo una percezione parziale e soggettiva, ma uno stato di fatto, che rispecchia una più ampia porzione di realtà. I dati parlano chiaro e si possono leggere a questa pagina

A fronte di questo sostanziale messaggio di conferma del benessere relazione delle giovani generazioni, che ci infonde coraggio e ci invita a un ribaltamento d prospettiva, i e le giovani si trovano ad affrontare molte paure, perché sanno benissimo di vivere in uno scenario geopolitico, economico e ambientale critico e complesso. Ma, soprattutto, si tratta di uno scenario istituito su un sistema valoriale che non tiene conto delle loro istanze di autenticità, in quanto incentrato sulla centralità della perfomance e dell’efficienza.  I dati negativi della ricerca, infatti, parlano di preoccupazione e malessere rispetto alle aspettative degli adulti, dei genitori ma soprattutto della scuola, che rappresenta l'anticamera del mondo del lavoro.

A questo proposito i e le giovani sembrano avere assimilato benissimo la lezione di David Foster Wallace con ‘This is water’ (Questa è l’acqua), il discorso che il grande scrittore americano tenne nel 2005 per la cerimonia delle lauree al Kenyon college.

Questo discorso, che coinvolge con una impareggiabile capacità narrativa e che è anche stato trasformato in un bellissimo cortometraggio, che mette in guardia le e i giovani rispetto a ciò che gli aspetta ‘là fuori’: un mondo a cui si trovano impreparati, perché lungo il percorso di studi si insegna pensare, ma non a scegliere che cosa pensare.

La sua è una voce autorevole, è la voce dell'esperienza diretta di una persona di eccezionale talento colpita duramente dalla malattia mentale (o forse di una incapacità di adattarsi al mondo della performance?).  Questi e queste giovani sembrano aver appreso questa la lezione, ma il mondo adulto attorno, attaccato all'immagine di bella gioventù passata, sembra non essere pronto al dialogo intergenerazionale.

È invece proprio questo ad essere necessario. Un dialogo in cui ci si possa mettere tutt^ sullo stesso piano, sapendo che i e le giovani non sono contenitori vuoti da riempire, semmai hanno bisogno delle persone con più esperienza per far emergere in maniera maieutica ciò che di prezioso giace ancora confuso in loro. Così come, viceversa, le generazioni più grandi si possono far mettere in discussione e stimolare dalla creatività giovanile, apprezzando il potenziale di saggezza che ci può essere nel fare le pulizie insieme in videochiamata, nel prendere un treno a caso e andare a scoprire una nuova città, nel caricarsi sulle spalle arco e frecce e andare a tirare in un parco urbano, riappropriandosi così della propria libertà e del proprio tempo.

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MASTER IN CONTEMPLATIVE STUDIES